La Campania in Italia è una delle regioni dove le tradizioni resistono al passare del tempo. Tradizioni ancor più difficili da scardinare se si somma l’aspetto enogastronomico a quello natalizio. Esistono difatti piatti e pietanze tipiche del natale che in Campania (e in generale nel Sud) accanto a quello nutritivo hanno un aspetto prettamente simbolico. Uno di questi è legato alla tradizione di mangiare il capitone (ovvero la femmina dell’anguilla) nel periodo natalizio, in particolare la vigilia di natale. E’ un’usanza non più in uso come un tempo ma che esiste e resiste ancora in non poche zone della Campania, derivante da un’abitudine radicata nel passato che univa un aspetto simbolico ad uno pratico.

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Quello simbolico è riconducibile alla forma del capitone che richiama quella di un serpente: ricorderebbe quindi il diavolo, che secondo quanto scritto nella Bibbia, indusse l’uomo alla disobbedienza divina. Mangiare il capitone, di conseguenza, rappresenterebbe una simbologia che rimanda alla distruzione della tentazione e al trionfo dell’uomo sul male.

L’aspetto pratico, invece, è da collegarsi alla poca disponibilità economica prevalente in molte famiglie nel passato che erano comunque ossequiose della ritualità religiosa. Il capitone era un pesce accessibile a molte persone, anche a quelle con ristrettezze economiche e, inoltre, essendo un pesce molto grasso assicurava un apporto di nutrienti non da sottovalutare. L’abitudine di consumare il capitone, in definitiva, è una sintesi della necessità del passato di abbinare il rispetto delle tradizioni, nel contesto di una società conservatrice e votata al rispetto della religione, unita alla necessità di una praticità che sposasse per quanto possibile le esigenze derivanti dalle tradizioni. Un connubio spesso non facile da abbinare ma che ha dato i natali a tante pietanze che oggi esaltano la cucina italiana, in particolare quella del Sud

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