(𝑢𝑛’𝑖𝑝𝑜𝑡𝑒𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒𝑛𝑑𝑎)

Premessa doverosa – Quello che segue – non è un fatto storico accertato, ma un’ipotesi nata da una tradizione medievale, affascinante ma improbabile, che mescola fede, memoria popolare e suggestioni letterarie.
Ciò posto, oggi ci lanciamo in una ipotesi, sì altamente improbabile, ma che è coerente a un certo filone narrativo, associandola ad un’altra ipotesi: quella che identifica il leggendario Santo Graal come il calice usato nell’ultima cena

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Secondo un filone agiografico, riportato già nel Martirologio di Adone di Vienne (IX secolo) e ripreso nel XIV secolo da Pietro de’ Natali, San Prisco — primo vescovo di Capua — sarebbe stato il proprietario della casa in cui si svolse l’Ultima Cena. Pietro de’ Natali attribuì questa notizia a papa Damaso I, anche se nei testi del pontefice tale affermazione non compare.

“𝐴𝑛𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎̀, 𝑑𝑎 𝑢𝑛 𝑡𝑎𝑙𝑒, 𝑒 𝑑𝑖𝑡𝑒𝑔𝑙𝑖: 𝐼𝑙 𝑀𝑎𝑒𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑡𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎 𝑑𝑖𝑟𝑒: 𝐼𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑒̀ 𝑣𝑖𝑐𝑖𝑛𝑜; 𝑓𝑎𝑟𝑜̀ 𝑙𝑎 𝑃𝑎𝑠𝑞𝑢𝑎 𝑑𝑎 𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑒𝑝𝑜𝑙𝑖”.

Se davvero fosse stato così, Prisco non sarebbe stato soltanto un testimone privilegiato di quel momento, ma anche il primo custode del calice usato da Gesù — il Santo Graal — il recipiente che, secondo la tradizione cristiana, avrebbe accolto il vino trasformato nel suo sangue durante l’istituzione dell’Eucaristia.

“𝑃𝑜𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑢𝑛 𝑐𝑎𝑙𝑖𝑐𝑒 𝑒, 𝑑𝑜𝑝𝑜 𝑎𝑣𝑒𝑟 𝑟𝑒𝑠𝑜 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒, 𝑙𝑜 𝑑𝑖𝑒𝑑𝑒 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑑𝑖𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜: «𝐵𝑒𝑣𝑒𝑡𝑒𝑛𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖, 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑎𝑛𝑔𝑢𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑙𝑙𝑒𝑎𝑛𝑧𝑎, 𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖, 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑒𝑐𝑐𝑎𝑡𝑖. 𝐼𝑜 𝑣𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑎 𝑜𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑝𝑜𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑏𝑒𝑟𝑟𝑜̀ 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑑𝑒𝑙 𝑓𝑟𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑒, 𝑓𝑖𝑛𝑐ℎ𝑒́ 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑜 𝑏𝑒𝑟𝑟𝑜̀ 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑣𝑜𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑟𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑃𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑚𝑖𝑜»
(𝑀𝑎𝑡𝑡𝑒𝑜 – 26:27-29)”

La leggenda, proseguendo, racconta che dopo gli eventi della Passione e della Risurrezione, Prisco abbia seguito San Pietro fino ad Antiochia come compagno di missione, per poi giungere a Capua. Qui avrebbe predicato il Vangelo per circa vent’anni, lasciando un’impronta profonda nella comunità locale, tanto da essere venerato come martire e patrono.

In questa visione leggendaria, dunque, il cammino di San Prisco inizierebbe in una stanza di Gerusalemme illuminata da lampade a olio, con dodici uomini seduti attorno a una tavola, e si concluderebbe ai piedi del Monte Tifata, dove la sua storia si intreccia per sempre con quella della Campania antica.