๐ถ’๐๐๐ ๐ข๐๐ ๐ฃ๐๐๐ก๐ (๐ ๐๐๐๐ก๐ข๐๐๐ก๐๐๐๐๐ก๐ ๐๐ ๐๐๐๐ข๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐’๐ฬ ๐๐๐๐๐๐…)
๐๐ ๐๐๐๐ฃ๐ฃ๐๐ ๐ก๐ ๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐๐ฃ๐ ๐๐ย pomodori
Fra le ultime settimane di Luglio e le prime di Agosto ci si metteva al lavoro, i doni della natura, in questo caso i pomodori, secondo una tradizione che si tramandava di generazione in generazione diventano provvista per i mesi a venire. Eh si perchรฉ tempo fa doveva essere fatto tutto in casa (il pane, la lavorazione del maiale, la vendemmia, le olive e l’olio di olive) nel rispetto delle scadenze calendariali della nostra tradizione agro-pastorale.
La casa dei nonni generalmente diventava in quei pochi giorni, settimane per alcuni, nelle ore mattutine il laboratorio della societร familiare, i piรน piccoli con fremente attesa attendevano di essere invitati ed introdotti al gruppo di lavoro; significava un’implicita ammissione al mondo degli adulti, anche con i compiti piรน semplici.
Nonni, genitori, zii, cugini e talvolta amici creavano un microcosmo lavorativo dove ognuno svolgeva la propria mansione.
L’ambiente poteva essere serio o conviviale a seconda dell’umore dei piรน anziani oppure dello stato di lavorazione; era comunque una palestra di vita.
Nella maggior parte dei casi anni fa i pomodori erano coltivati nei terreni di famiglia e chi non poteva farlo li acquistava dal contadino di fiducia, fra rassicurazioni e trattative al ribasso.
Si cominciava prestissimo, alle prime ore del mattino (le 5 o anche prima) per evitare il caldo e l’afa, a stato avanzato dei lavori immancabile ci si riuniva intorno al tavolo per assaggiare a “sarza appena passata e cotta per gli spaghetti a mezzogiorno piena di basilico “(preceduto dalla merenna, ovverosia pane fresco e salsa fresca di pomodoro), un composto che nella sua semplicitร emanava un profumo inebriante e appagante per la fatica fatta, intorno al tavolo poi non mancava mai ‘o vino con le percoche (leggi pesche), atto a nutrire la convivialitร e le chiacchiere.
Erano scene da piccolo mondo antico: le bottiglie di vetro che si toccavano, producendo un suono inimitabile che su propagava nel vicinato e “miezza’ a via” ; ‘o nonno concentrato al massimo guardava il fuoco sotto i bidoni ; i familiari predisposti a catena di montaggio con l’ immancabile cazziatone per chi parlava troppo (la classica capa fresca) e distraeva gli altri; le operazioni pomeridiane di pulizia per preparare la lavorazione del giorno successivo.
Qualcuno li definirebbe ” tiempi belli ‘e na vota”, conditi e caratterizzati dalle credenze popolari:
“๐ถโ๐ ๐ ๐ ๐ฬ ๐๐ข๐๐๐๐ก๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐๐ก๐ ๐ก๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐ ‘๐๐๐๐๐๐ ‘๐ ๐๐ข๐๐๐๐๐๐e!. ๐๐ ๐ ๐โ๐๐๐ก๐ก๐๐๐’ ๐ ๐๐ข๐ก๐ก๐๐๐๐๐!
๐ฟ๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐ก๐ ‘๐ ๐ ๐ก๐๐ ๐ ๐ ๐๐๐ ๐!”
Quando cadeva un po’ di conserva era un dramma, alcuni per stigmatizzare la ne raccoglievano un po’ e se lo passavano sul collo e poi facendosi il segno della croce, seguendo un rituale atavico.
Erano appunto ” ‘e tiempi belli ‘e na vota”. Se sapessero i nostri avi che oggi si importano le conserve cinesi stracolmo di additivi chissร cosa direbbero