(San Prisco) La festa patronale era una delle prime occasioni, per noi preadolescenti di allora, di uscire in gruppo fino a tarda sera. Con le mazzette (leggi mancia) ricevute dai nonni e dai parenti, la meta preferita era la zona delle giostre, che chiamavamo con nomi molto originali (come “calcinculo” o “tuzza tuzzo”).
Nei “tuzza tuzzo” (gli autoscontri), si facevano notare veri e propri “criminali in erba”, che cercavano lo scontro alla massima velocità, il tutto condito da sfottò,a volte nemmeno troppo simpatici, e risate. Poi, con il tempo, arrivarono le sfide più ardite: la “ballerina” e, soprattutto, il mitico “tagadà”. Su quest’ultima giostra, la prova di coraggio era riuscire a stare in piedi al centro, un’impresa che non riusciva a tutti e che spesso finiva con ruzzoloni comici, accompagnati dalle inevitabili prese in giro.
A rendere la serata ancora più piacevole c’era l’angolo delle bibite fresche, dove spopolava la “rattata” (ovvero la granita), e le pastelle fritte preparate da “Panzarotto”.
