Tra la fine dellโOttocento e i primi decenni del Novecento, la pasta non era soltanto un alimento: era lโalimento. In Campania, e in particolare nellโarea napoletana e nellโagro aversano, i maccheroni rappresentavano il fulcro della dieta quotidiana, un cibo semplice e nutriente che univa ricchi e poveri. Non si trattava di un piatto riservato alle feste o alle tavole imbandite, ma di una presenza costante nella vita di ogni giorno (grazie anche al prezzo accessibile a tutti), cosรฌ radicata nella cultura popolare da diventare parte del paesaggio urbano stesso.
Le immagini dโepoca, come quella che ritrae una venditrice di maccheroni (elaborata con la IA), raccontano con immediatezza questo mondo ormai scomparso: bancarelle improvvisate, tavoli di legno traballanti, mucchi di pasta esposti allโaria aperta e venduti sfusi a chiunque passasse (idem per la pasta venduta delle botteghe altrimenti dette “puteche”). I controlli igienici erano pressochรฉ inesistenti, eppure questo non destava scandalo: la pasta veniva manipolata a mani nude, porzionata al momento e portata via in cartocci di carta oleata o semplicemente in contenitori portati da casa.
La scena tipica dei mercati popolari di allora era vivace e rumorosa: venditrici che richiamavano la clientela a gran voce, bambini scalzi che correvano tra i banchi, odori di grano cotto e di sugo che si mescolavano a quelli del pesce, delle erbe e della frutta fresca. In un contesto di diffusa povertร , dove molte famiglie riuscivano a permettersi la carne solo una volta a settimana โ e spesso sotto forma di tagli di scarto poi divenuti simbolo di piatti iconici come il ragรน napoletano โ la pasta garantiva sazietร e calorie a basso costo.
Era un cibo โdi stradaโ ante litteram: consumato in piedi, per pochi soldi, magari condito solo con un filo dโolio o un poโ di formaggio grattugiato. Eppure, da questa semplicitร nacque una tradizione che, pur evolvendosi, non ha mai perso la sua centralitร nella cultura campana. Quelle stesse ricette nate dallโingegno e dalla necessitร sono oggi considerate patrimonio gastronomico e identitario di un intero popolo.