Se incontrate una persona che si chiama Matrona o Prisco non vi potete sbagliare, sicuramente c’è un legame con la cittadina di San Prisco, piccolo comune del casertano. I due nomi hanno origine nel paese alle pendici del monte Tifata, di cui appunto Matrona e Prisco sono i santi patroni. Fino a qualche decennio fa c’era l’usanza di omaggiarli dando il nome, a seconda del sesso, ai nascituri, abitudine ora in disuso, a causa della contrazione delle nascite e dalla particolarità dei nomi. La leggenda vuole che Matrona, nobildonna portoghese, spesso descritta come la figlia del Re del Portogallo ( ma il Portogallo all’epoca non era un Regno), affetta da cronici dolori all’addome, sia partita alla volta dell’Italia, alla ricerca di San Prisco (protovescovo della città di Capua e seguace di San Pietro, martirizzato brutalmente) apparso in sogno alla giovane. Matrona, ritrovata la sepoltura del martire, guarì miracolosamente e in segno di ringraziamento fece costruire una basilica ad uso martyrion in corrispondenza della tomba di San Prisco; Matrona, sempre secondo la tradizione, dalla piccola comunità tifatina non andò più via dedicando la sua vita alle opere di carità. Da allora la santa è considerata la protettrice del mal di pancia, molte persone (donne in particolare) si recano a far visita alla basilica (dove sembra sia sepolta la nobildonna) in cerca di una grazia.

Il sacello di Santa Matrona, parte integrante della prima chiesa paleocristiana, è considerato uno dei monumenti più importanti dal punto di vista dell’arte musiva paleocristiana dell’Italia meridionale, ed è stato, e continua ad essere, oggetto di studio di riviste specializzate e di appassionati d’arte, non solo sacra, per i mosaici che, seppur in parte logorati dal tempo, a parere degli esperti, restano fra i più belli e suggestivi nel suolo italico. Purtroppo i mosaici del sacello sono solo una minima parte di quelli originali, difatti nella ristrutturazione della chiesa, nella seconda metà del 1700′, si decise, non senza le proteste di molti cittadini, di distruggere (forse per ragioni politiche) i mosaici che ritraevano la storia della santa che decoravano la volta e l’abside dell’antica basilica.
La festività, originariamente prevista il 15 marzo, ricade il 25 Gennaio, i suoi elementi extrareligiosi caratterizzanti sono le “bancarelle” che vendono prodotti ad hoc: le mele zuccherate, lo zucchero intrecciato, le “cucchiarelle” (mestoli di legno) e i setacci per la farina, tutti strettamente correlati alla tradizione agricola del posto e alla figura della santa (la mela zuccherata veniva usata come decotto per il mal di pancia).

E’ (era) consuetudine, tempo permettendo, passare la mattinata della festività, di solito fino al pranzo, sul monte Tifata, la montagna che domina la visuale del paese, intrisa di storia e colpevolmente sventrata da una cava ora fortunatamente chiusa; alla festività di Santa Matrona è legato il detto “A Santa Matrona a jurnata s’ allonga e n’ora”.
Nel corso dei Secoli inoltre è degno di nota il rapporto fra i bambini e Santa Matrona perché in molti si sono affidati a Lei nella speranza di un parto senza particolari problemi

Nei giorni della festività di Santa Matrona la fila al Sacello è molto nutrita. Ognuno aspetta il suo turno in religioso silenzio per rendere il suo omaggio alla Santa. Molti vengono da fuori solo per ragioni di devozione. Un rituale semplice e legato esclusivamente alla dimensione della fede nel solco del vero rapporto fra uomo e religione

𝐓𝐞𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐧𝐢𝐚𝐧𝐳𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐞𝐜𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐬𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐋𝐨𝐜𝐚𝐥𝐞 𝐒𝐚𝐧 𝐏𝐫𝐢𝐬𝐜𝐨
Fino a qualche decennio fa, in occasione della festività di Santa Matrona, celebrata il 25 gennaio, era tradizione organizzare pellegrinaggi a piedi dai paesi del circondario di Caserta, come Macerata, Portico, Recale, Capodrise, Marcianise, San Nicola la Strada e Caserta stessa. Le strade si riempivano di gruppi di fedeli, e nei pressi dell’ex ristorante Mastroianni venivano allestite bancarelle.
I pellegrini, spesso accompagnati da persone che cantavano un inno alla Santa al suono delle nacchere, partecipavano alla messa del mattino. Successivamente, si spostavano sul monte Tifata per rifocillarsi, dove per l’occasione ambulanti vendevano pietanze tipiche, tra cui la celebre “𝑠𝑝𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖𝑎”. Dopo il pranzo, i pellegrini scendevano dal Tifata e rendevano omaggio alla Santa facendo la fila per visitare il Sacello.
Per molti anni i principali bar del paese hanno mantenuto una simpatica usanza: preparare, in occasione della festa, un gelato artigianale chiamato il ”𝑔𝑒𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑎𝑛𝑡𝑎 𝑀𝑎𝑡𝑟𝑜𝑛𝑎”

Testimonianza sul gruppo Amici della Associazione Storia Locale San Prisco
“I miei genitori, quando ero bambino, raccontavano che durante la seconda guerra mondiale, una pattuglia di soldati tedeschi avvinazzati entrò nella Chiesa Madre..e, quindi, nella Cappella di S:Matrona. Scettico sulla credenza che ivi vi fosse realmente il Corpo della Santa , uno di essi cercò di aprire il sarcofago ma alla vista di un rigolo di sangue che iniziò a fuoruscire da un foro alla base frontale della tomba, scapparono tutti impauriti.
Certamente questa notizia sarà nota, ma ho voluto ricordarla lo stesso“
𝐫𝐚𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞𝐝 𝐞𝐥𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐝𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐝𝐢𝐧𝐚. La festa di Santa Matrona, celebrata il 25 gennaio, si colloca in un periodo dell’anno molto significativo per le comunità agricole, sia dal punto di vista religioso che pratico.
A gennaio, in pieno inverno, la natura sembra dormire, ma è anche un momento di preparazione. Per le comunità rurali, questo periodo segnava l’inizio simbolico della nuova stagione agricola. Si rifletteva sull’anno passato e si invocava protezione e benedizione per quello a venire.
Nel solco di questa tradizione ecco il perché le bancarelle espongono alcuni attrezzi agricoli e le classiche mele
𝐦𝐞𝐬𝐭𝐨𝐥𝐢 𝐞 𝐬𝐞𝐭𝐚𝐜𝐜𝐢
essenziali per la cucina contadina, richiamano la preparazione del cibo in un periodo in cui si consumavano provviste e si pianificava la nuova semina. Acquistarli durante la festa era un gesto simbolico per augurare abbondanza nei raccolti.

𝐋𝐞 𝐦𝐞𝐥𝐞 𝐳𝐮𝐜𝐜𝐡𝐞𝐫𝐚𝐭𝐞 𝐞 𝐥𝐨 𝐳𝐮𝐜𝐜𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐫𝐞𝐜𝐜𝐢𝐚𝐭𝐨:
in pieno inverno, i dolci rappresentavano un conforto e un augurio di dolcezza e serenità. La mela, un frutto resistente anche ai rigori del freddo, è simbolo di fertilità, e il miele o lo zucchero aggiungono un tocco di speranza
𝐈𝐥 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐚𝐠𝐫𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚
Questa festa non era solo un momento religioso, ma anche sociale: riuniva la comunità dopo le fatiche dell’anno precedente, rinsaldando i legami. Era un’occasione per scambiare beni, condividere esperienze e rafforzare il senso di appartenenza.
In sintesi, la festa di Santa Matrona si colloca perfettamente in un momento dell’anno in cui passato e futuro si incontrano: si ringrazia per i doni ricevuti e si chiede protezione e abbondanza per il ciclo che sta per cominciare. Un simbolismo profondo che lega sacro, naturale e sociale in una celebrazione ricca di significati.
𝐑𝐢𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐦𝐨𝐬𝐚𝐢𝐜𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐮𝐭𝐢
“I mosaici originali, distrutti nel 700′ durante i lavori di costruzione della nuova chiesa, appartenevano alla basilica paleocristiana coeva della cappella, demolita per fare spazio al nuovo edificio religioso. Purtroppo, gran parte di questi capolavori è andata perduta per sempre. La riproduzione dei mosaici è stata resa possibile grazie alle preziose testimonianze del nostro illustre concittadino Michele Monaco. Nella foto, l’opera è frutto dell’impegno di 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚, 𝐀𝐫𝐭𝐞 𝐞 𝐂𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚, 𝐜𝐨𝐧 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐚 𝐞 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐲
che hanno utilizzato la tecnica del ricamo a punto Bayeux per dare nuova vita a queste antiche meraviglie
Nel merito In una lettera riportata nel I vol. dello studio di Demetrio Salazar 𝑟 “𝑆𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑢𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑎𝑟𝑡𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐼𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎 𝑚𝑒𝑟𝑖𝑑𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑎𝑙 𝐼𝑉 𝑎𝑙 𝑋𝐼𝐼𝐼 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑜”,
il 𝐌𝐚𝐳𝐳𝐨𝐜𝐜𝐡𝐢 scrisse ad un notabile di San Prisco affinché impedisse la distruzione del mosaico del V secolo che adornava l’abside dell’altare maggiore della chiesa di San Prisco per adeguarla ai gusti del tempo:
«𝐼𝑙𝑙𝑢𝑠𝑡𝑟𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒 𝑒 𝑃𝑎𝑑𝑟𝑜𝑛𝑒. 𝐶𝑜𝑠𝑖̀ 𝑎𝑚𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑚𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑜, 𝑚𝑖 𝑝𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑙’𝑎𝑟𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑢𝑝𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑉.𝑆. 𝑖𝑙𝑙.𝑚𝑎 𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑢𝑛𝑎 𝑖 𝑚𝑜𝑠𝑎𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑆. 𝑃𝑟𝑖𝑠𝑐𝑜 𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑣𝑎𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑒 𝑑𝑖 𝑔𝑢𝑠𝑡𝑜 𝑚𝑜𝑑𝑒𝑟𝑛𝑜. 𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑚𝑢𝑠𝑎𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑖 𝑆. 𝑃𝑟𝑖𝑠𝑐𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑙𝑎 𝑠𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑎̀𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑖𝑡𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑚𝑖𝑙𝑙𝑒 𝑢𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖 𝑜𝑙𝑡𝑟𝑎𝑚𝑜𝑛𝑡𝑎𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑒 𝑓𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑖𝑒𝑔𝑎. 𝑁𝑜𝑛 𝑓𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑙 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑖 𝑙𝑢𝑜𝑔ℎ𝑖 𝑓𝑎 𝑖𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑎 𝑠𝑡𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐ℎ𝑖𝑡𝑎̀, 𝑒𝑑 𝑖𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑚𝑢𝑠𝑎𝑖𝑐𝑖 𝑠𝑎𝑐𝑟𝑖, 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖̀ 𝑠𝑖 𝑠𝑖𝑎 𝑟𝑒𝑠𝑜 𝑏𝑎𝑟𝑏𝑎𝑟𝑜 𝑖𝑛𝑢𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑑𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑖𝑜 𝑔𝑜𝑡𝑖𝑐𝑜. 𝐼𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑐𝑐ℎ𝑖𝑎𝑗𝑎 ℎ𝑜 𝑑𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑡𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑖𝑛𝑐𝑙𝑖𝑛𝑎𝑡𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑖 𝑠𝑎𝑛𝑡𝑜𝑝𝑟𝑖𝑠𝑐𝑎𝑛𝑖. 𝑇𝑜𝑐𝑐𝑎 𝑎 𝑣𝑜𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑖 𝑡𝑒𝑛𝑔𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑃𝑎𝑡𝑒𝑟 𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑎𝑒 𝑑𝑖 𝑑𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑙𝑖, 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑛𝑒𝑙 𝑟𝑖𝑛𝑛𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑎 𝑡𝑒𝑛𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡’𝑎𝑙𝑡𝑟𝑜 𝑓𝑜𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑖𝑙 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑖 𝑚𝑜𝑠𝑎𝑖𝑐𝑖»
Nonostante la lettera, comunque, i mosaici vennero distrutti.

𝐒𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐦𝐞 “𝐌𝐚𝐭𝐫𝐨𝐧𝐚”
Il nome deriva dal latino matrona, che significa “signora”, “donna rispettabile”. Questo potrebbe indicare una figura di autorità morale e spirituale.
𝐈𝐥 𝐠𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨
Il giglio presente nella statua di Santa Matrona di Capua ha un significato simbolico molto profondo, tipico della tradizione cristiana.Nella statua di Santa Matrona di Capua simboleggia 𝐩𝐮𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐜𝐚𝐬𝐭𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐢𝐧𝐧𝐨𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚, rappresentando la vita virtuosa della santa. È anche segno di fede incrollabile e santità, nonché di gratitudine e devozione per la guarigione miracolosa ricevuta. Inoltre, richiama il legame spirituale con la Vergine Maria, esprimendo perfezione morale e dedizione a Dio. Una delle preghiere tramandata dalla cultura popolare samprischese: “S.Matrona mia bella,sei pura verginella,
sei la sposa di Gesù, S.Matro’, guarisci tu“

Secondo la leggenda, tramandata e riportata dal nostro celebre compaesano Michele Monaco nel suo 𝑆𝑎𝑛𝑐𝑡𝑢𝑎𝑟𝑖𝑢𝑚 𝐶𝑎𝑝𝑢𝑎𝑛𝑢𝑚, 𝑖 due giovenchi compaiono in un sogno fatto da Santa Matrona. Questo sogno la condusse a San Prisco alla ricerca delle spoglie di San Prisco, primo Vescovo di Capua e martire cristiano. I due giovani buoi avrebbero indicato alla nobildonna il luogo esatto dove il santo era sepolto.
“𝑈𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑢𝑒𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑑𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒: 𝑐𝑖 𝑠𝑖 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑓𝑖𝑙𝑎 𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙 𝑆𝑎𝑐𝑒𝑙𝑙𝑜, 𝑠𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑖𝑡𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑔ℎ𝑖𝑒𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑠𝑖𝑙𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜 𝑒 𝑠𝑖 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑢𝑛 𝑓𝑎𝑧𝑧𝑜𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑢𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑆𝑎𝑛𝑡𝑎.

Sono anni che manco, sinceramente il progresso ha portato tante cose buone ma ha distrutto queste feste che prima erano molto più sentite
E’ vero! Vivo da 25 anni in Lombardia e quanto qualcuno sente il mio nome se è casertano d’origine mi associa subito con San Prisco, bell’articolo, complimenti un saluto a tutti i paesani
In effetti questo articolo è stato scritto pensando a tutti i samprischesi, in particolare un saluto va alla famiglia Stellato che vive in Brasile e a quella Assante degli USA, infine un saluto all’amico Joseph Bovenzi di Tampa che ci ha lasciato qualche giorno fa
Complimenti, a volte diamo per scontato tutto quello che ci circonda, sapere che a San Prisco la tomba di S. Matrona è un piccolo tesoro è una novità assoluta che dovrebbe essere anche uno spunto di riflessione affinché siti come la Chiesa di S. Matrona e il Monte Tifata vengano sfruttati a pieno. Mancavo da qualche anno, vedere tutta quella immondizia non raccolta è stato un brutto biglietto da visita, naturalmente non sarà colpa di nessuno, come al solito, poi non lamentiamoci se i giovanni scappano e le cose vanno sempre peggio al Sud